In occasione della festa della donna, che abbiamo celebrato recentemente, mi sono ricordato di una pagina molto bella, scritta da una missionaria saveriana, Teresina Caffi, sull'identità e sul ruolo della donna africana.
... E' un grazie e un augurio che rivolgo a tutte le donne che spendono la propria vita per dare vita al mondo; tra queste, non posso dimenticare mia madre e chi, per me, è stata madre!
"La donna era in ospedale pestata dal marito. Le
asportarono la milza. Sembrava potesse farcela. 'Riuscirai a perdonargli?' le
ha chiesto Lucia. 'Se non gli perdono io, chi gli perdonerà?'. Morì poco dopo,
quasi all'improvviso.
Rendo omaggio, con questo intervento, alle donne
d'Africa, alle donne dei paesi dei Grandi Laghi.
Alle donne che risalivano dal lago alle sei del mattino,
con la gerla già piena di sabbia bagnata, con cui riempire un fusto per una
casa in costruzione. Capaci di alzare la testa da sotto il peso e salutare con
un largo sorriso. I primi spiccioli della giornata. Poi via, per i campi
lontani dalla città, scalze, la gerla con la zappa sulle spalle. E magari anche
l'ultimo nato, da deporre all'ombra, mentre si chinano sotto il sole a
coltivare.
Rendo omaggio alle donne al lavoro nei campi, spazio di
libertà e creatività ove far crescere e moltiplicare la vita: che raccolgono e
sbucciano la manioca, ne riempiono la cesta e tornano insieme liete, camminando
per chilometri, sotto il sole delle due. E poi il fuoco da accendere, il cibo
da preparare per tutti, il profumo che inonda l'aia e tutti che attendono da
loro il cibo. E vederli mangiare tutti con gioia e orgoglio. E finalmente
sedersi a mangiare, magari in cucina.
Rendo omaggio alla loro intelligenza volta a proteggere
la vita, al loro provvedere ad ogni cosa. Alle donne al mercato, finalmente
sedute, che vendono il sovrappiù per procurare un poco di pesce, di sale, un
vestito ai figli e magari anche qualcosa di bello per loro. Basta così poco
perchè facciano festa.
Rendo omaggio alla loro bellezza luminosa, regale,
ignorata, che la fatica spegne presto, ma solo in apparenza. Rendo omaggio a
queste donne, che trovano il tempo per prendere il quaderno ed andare ad
imparare a scrivere, e capire così che non è vero che sono meno intelligenti,
alla festa di leggere le prime parole, il libro dei canti, la lettura in
chiesa.
Rendo omaggio a queste donne, regine ad ogni maternità.
Che sanno chiamare Désiré (Desiderato) anche il nono figlio e che ricorrono ai
metodi delle "nascite desiderabili" piuttosto per averli, i figli.
Rendo omaggio alle donne morte nel dare la vita, con
semplicità, come un'avventura di cui sapevano da sempre il prezzo.
Rendo omaggio a queste donne per le umiliazioni nascoste,
i tradimenti subiti, le speranze deluse, la capacità di stare per amore dei
figli. Per le volte che qualcuno ha detto loro che erano inferiori, serve,
incapaci, per tutte le decisioni subite senza essere interpellate.
Rendo omaggio a loro, soprattutto per questi lunghi anni
di guerra, a loro che portano il peso dell'impresa, quasi impossibile, di
nutrire la famiglia. Al coraggio delle loro riunioni clandestine in città, non
in nome di chissà quali alternative politiche, ma dei loro figli e dei loro
mariti resi merce di scarto dall'arruolamento forzato, dalla mancanza
quotidiana di cibo. A loro che hanno per mesi rifiutato di mandarli a scuola. A
loro che hanno marciato con il seno scoperto per dire l'inutilità del loro dare
la vita, di fronte ai continui massacri. A loro che si sono vestite a lutto,
che hanno scioperato da ogni attività, che vendono le merci in casa per non
pagare al mercato la tassa dello "sforzo di guerra", la guerra contro
il loro popolo.
Rendo omaggio ai loro piedi che fanno chilometri e
chilometri per trovare da qualche parte del cibo che costi meno, che accettano
l'umiliazione di varcare la frontiera a comprare, tassato, un cibo prodotto nel
loro paese, purchè i figli mangino.
Rendo omaggio alle loro mani callose che conoscono fin da
piccole il lavoro, che sanno condividere con la vicina il niente che hanno.
Rendo omaggio al loro grembo offeso da una guerra fatta
contro di loro per uccidere il futuro di un popolo. Rendo omaggio alle donne
spesso scientemente infettate di HIV come tecnica di guerra. Rendo omaggio alle
ragazze umiliate alla stessa maniera mentre andavano all'acqua o la campo e di
colpo diventate solo buone per la strada. A queste donne usate e umiliate. A
quelle che hanno preferito morire atrocemente pur di non essere violate.
Rendo omaggio alla loro capacità di danzare, malgrado
tutto, alla nascita del figlio della vicina o negli incontri liturgici, ultimi
spazi di libertà rimasti. Alla loro capacità di ridere, mai del tutto spenta.
Rendo omaggio alla loro fede nel Dio quotidiano che lotta con loro e mediante
loro per proteggere la vita, armata debole ed enorme della vita contro gli
eserciti di morte.
Rendo omaggio a Colui che le ha inventate per dire oggi
che la vita si guadagna, si difende, si protegge con la vita. A questa
Eucaristia continuamente da esse celebrata nella fatica di una vita data. Le
loro storie, chi mai le racconterà? Ma da qualche parte un libro è scritto, che
conosce ogni loro passo. Non sono tutte sante. Ma conoscono che l'amore è
fatica, l'amore fa male, come diceva Madre Teresa.
Un messaggio, una scelta concreta?
Accettare che l'amore si faccia male, consumi il nostro
tempo, la nostra vita, le nostre forze, la nostra pace. Accettare di essere
tribolati per amore.
Il resto sono parole, sentimenti, Sanremo".
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